UNDICESIMA SETTIMANA

Immagino già la risata che vi farete tutti quando rivelerò l’argomento di questa undicesima settimana… ho quasi vergogna di dirlo, ma vi parlerò di spaghetti. No, non della pasta in generale, i maccheroni, per intenderci, no, vi parlerò proprio e solo di spaghetti. E non pensate che sia un argomento banale.

Non so cosa succede nel resto del mondo, ma in Italia lo spaghetto ha i suoi adoratori, e non si tratta di una setta, ma di una religione, con i suoi riti e con la sua liturgia.

Chi più o meglio che un italiano sa avvolgerli nel modo giusto, perché il boccone non risulti né grande né piccolo, con la giusta inclinazione della forchetta perché ogni filo rimanga ugualmente intriso nel sugo? Dove si rispetta con tanto rigore il tipo di sugo con cui si sposa?

Il rito degli spaghetti condiziona il subcosciente delle persone molto al di là di quanto ognuno sia disposto ad ammettere.

Il maitre Alfredo, quando ha fatto le sue fettuccine alla Alfredo, non si è sognato di scegliere spaghetti per un’invenzione così banale. Con burro e parmigiano vanno bene le fettuccine, ma gli spaghetti meritano rispetto.

Insomma, per un italiano, ed ancor più per un napoletano, gli spaghetti sono una cosa seria, serissima. Vogliamo fare qualche esempio?

Cominciamo da mia suocera, la Donna Nunziatina dei miei racconti. Ebbene, quando lei aveva un grosso dispiacere sapete cosa faceva? Uno sciopero di spaghetti. No, non era uno sciopero della fame, ma solo di spaghetti.

Mangiava qualunque altro tipo di pasta, ma non toccava più un filo di spaghetti. Mi direte ma allora in che consisteva lo sciopero: è che nessun altro formato di pasta ha una valenza altrettanto significativa per l’inconscio di un napoletano. Il suo primo sciopero di spaghetti, pensate, durò 9 anni, cioè da quando il figlio partì per l’Argentina, fin quando tornò, 9 anni dopo…

Quando chiedi ad un marito napoletano cosa vuol mangiare, lui magari ti dirà con il tono umile di chi non ha pretese, ma allo stesso tempo con quell’esigenza che il marito sente di garantirsi l’amore della moglie: “solo due spaghetti, ma pochi, appena una forchettata”. Come a dire, “non ti voglio dar fastidio, ma ho bisogno di sapere che mi vuoi bene”… (eh già, come se per chi li deve preparare, farne pochi o farne più di pochi non esigesse lo stesso tempo e lo stesso impegno).

Ogni discussione che sorgeva fra me e mio marito, si poteva dire conclusa, risolta, pacificata, solo quando gli mettevo a tavola un piatto di spaghetti; potevo condirlo con il più semplice dei sughi, purché regolamentare, ma nessun altro tipo di pasta aveva la stessa forza pacificatrice degli spaghetti.

È chiaro che anche il sugo è importante: vedi ad esempio se qualcuno ti propone mai di fare gli spaghetti all’arrabbiata… Nooooooo! La penna può essere arrabbiata, ma lo spaghetto no. Lo spaghetto è amatriciano, è pescatore, è addirittura puttanesco, ma sempre pacificatore, mai promotore di discordia…

Forse per questo c’è chi ha allergia agli spaghetti… conosco una persona che quando li mangia comincia a grattarsi la testa come se avesse i pidocchi. E non è che non le piacciano! Ma la cosa si spiega: questa persona è un tipo polemico, a lei una litigata le da la carica, mentre lo spaghetto è di pace…

Non posso concludere senza rivelarvi qual è il mio problema personale con gli spaghetti. Da quando è cominciata la quarantena io non ho mai, dico mai, mangiato spaghetti. Perché? È come se portassi il lutto per la quarantena; ho la sensazione che mangiare spaghetti così, da sola, in casa, senza avere nulla da festeggiare e nessuno che possa condividerli con me, sarebbe una profanazione, un sacrilegio.

E io so con certezza che non appena sarà finita questa ‘pandemonia’, la prima persona che entrerà in casa mia, la inviterò a farmi compagnia con un piatto di spaghetti alla puttanesca…

Solo così potró sentire davvero di essere sopravvissuta.