TANTE COSETTINE…

Una settimana senza avvenimenti cronacabili, ma sono successe alcune cosettine. Magari ne faccio un’insalatina e ve la propongo.

La prima cosa di cui voglio parlarvi è della cronaca di Leo Aversa, che racconta come si è sentito quasi un dinosauro (non ha usato questa espressione, ma riassumo il concetto che lui esprime) quando ha scoperto che nessun giovane oggi usa l’orologio per vedere l’ora, ma consulta il cellulare. Ebbene quella sensazione di usare l’orologio sbagliato la provo io spessissimo nel mio quotidiano, e badate che Leo Aversa, per età, potrebbe essere mio figlio… ad esempio la stessa pompa e circostanza che lui cita nella sua cronaca, l’ho inscenata anch’io quando, morto mio marito, ho consegnato, non a mio figlio, ma a mio nipote, il pataccone d’oro da taschino del nonno… era un gesto molto simbolico: volevo dargli qualcosa che gli ricordasse il nonno, che amava molto gli orologi.

Una delle prime cose che fece Franco nella sua ormai giurassica gioventù, appena ne ebbe la possibilità economica, fu quella di comprarsi um Vacheron&Costantin tutto d’oro, incluso il braccialetto. Spiego subito – immagino che nessuno dei miei lettori abbia l’età per sapere di cosa sto parlando.

È (era) un orologio svizzero di alto pregio. C’era solo un’altra marca con lo stesso prestigio: il Patek Philip. Perfino il Rolex era un gradino al di sotto. Il Vacheron, con uguale pompa e circostanza, io lo avrei passato a mio figlio, se non fosse stato brutalmente strappato dal polso di Franco in un imbottigliamento all’Aterro do Flamengo, non appena venimmo ad abitare a Rio… ed era solo il 1978!

A questo punto mi sento in dovere di spiegare a Giovanna Gold, a proposito della sua bacchettata proprio di questa settimana, che mi rimprovera di parlare sempre di età… ma vedi, Giovannina, quando si è così antichi come me, tutto quel che mi riguarda mi riporta tanto indietro nel tempo che parlare di età si impone per coerenza… almeno così mi sembra.

Ma parliamo di altre cosettine.

Non so se qualcuno di voi, nel corso della prolungata prigionia domiciliare da pandemia, abbia sentito l’acutizzarsi di acciacchi o altre amenità fisiche dovute a… cosa, Giovanna? Età? Normale logorio da uso eccessivo? Beh, com’è come non è, avendo cominciato a dare qualche passo fuori dalla mia prigione, ho pensato bene di consultare un oculista per indagare su noiose carenze visive accentuatesi nei mesi di prigionia. Per non dover prendere taxi, pericolosi per il contagio, sono andata con la mia macchina.

Chiaro che un posto per strada non lo trovi nemmeno se vuoi pagarlo in oro, ed anche i posti riservati per i disabilil (io) sono tutti occupati (i disabili a Rio, legittimati dal Municipio, sono tutti usciti allo scoperto), quindi sono andata al parcheggio che dista circa cento metri dall’oculista.

Cento metri, con le mie ridotte capacità deambulatorie, non sono pochi…

La visita è stata più lunga del previsto, mi ha obbligata a cancellare una lezione e si è conclusa con la necessaria dilatazione della pupilla, quindi sono uscita di là che vedevo tutto in modo molto precario… stavo quasi per chiedere aiuto a qualcuno dei figli, quando sono stata risucchiata da un negozio di cianfrusaglie domestiche: sapete, proprio quelle meravigliose cose inutili che quando le vedi ti chiedi come hai fatto a vivere senza fino a quel momento.

Ci sono stata più di mezz’ora e ne sono venuta fuori con una borsa piena di, appunto, meravigliose e indispensabili cose inutili. Vedevo ancora tutto impreciso, ma mi sono detta: se posso comprare cose inutili posso anche guidare per tornare a casa. Ed infatti sono arrivata a casa con la mia macchina senza incidenti.

Il giorno dopo aevo fissato una risonanza magnetica per investigare sulla mia ridotta capacità deambulatoria. Sono andata di nuovo con la mia macchina, ma questa volta il garage è dentro la clinica, quindi nessun problema.

Ho constatato che tutti si sono adeguati alla nuova liturgia da covid, maschere, distanze, rarefazione di pubblico, insomma io sono arrivata, mi hanno misurato la febbre, mi hanno spruzzato sulle mani un getto di alcool, mi hanno accompagnata in uno spogliatoio individuale, mi hanno ficcata in quel tubo dal rumore allucinante che ti disturba la pennichella, tutto questo senza che nessuno si avvicinasse a più di un metro di distanza.

Organizzazione perfetta, ma che mi ha fatto sentire una lebbrosa. Sono tornata a casa, ho lasciato la macchina e sono andata a piedi al negozio di ottica vicinissimo a casa, per farmi rifare tutti gli occhiali, dato che effettivamente mi si è abbassata la vista di quasi due gradi. Giovanna, che faccio? do la colpa alla pandemia o all’età?

Insomma, la conclusione è che starò senza occhiali per 5 giorni, quindi se la cronaca di questa settimana non ha né capo né coda, la colpa è degli occhiali…