RITORNO A CASA

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La parte più bella del più bel viaggio è il ritorno a casa.

Lo dico da sempre, e lo affermo ancora. Questo mio ultimo è stato il viaggio della riscossa, della rinascita, la vittoria sulle previsioni catastrofiche, ma soprattutto sui miei stessi dubbi. Una volta bi-vaccinata e con una buona immunizzazione, ed avendo ancora del fiato da spendere – consapevole che il fiato che hai o lo spendi o si sfiata – ho voluto rischiare, e lo confesso: io stessa non ero sicura che ce l’avrei fatta. Alla mia età, e dopo un anno di reclusione e di problemi di salute abbastanza invalidanti, ho sentito il bisogno di provare a me stessa che sono ancora viva, che sono ancora in grado di far cose che mi danno gioia, senso di libertà e di autonomia, sensazioni per me vitali. Un viaggio di dieci giorni e 1300 km di percorso. Ma devo anche chiarire che da sola non mi sarei avventurata. Ho potuto farlo perché ho avuto con me due compagne di viaggio perfette: attente, discrete, affettuose, sempre su con il morale, co-piloti eccellenti, mai uno screzio, mai una insoddisfazione, e per di più, vaccinate! Non avrebbero potuto essere più perfette per i miei propositi.

Ho ripetuto il percorso di alcuni anni fa ed ho rivisitato posti che desideravo rivedere, Tiradentes, Ouro Preto, ma soprattutto Inhotim, magico, splendido Inhotim. Vorrei descriverlo, ma mi emoziona troppo, credo che devo metabolizzarlo meglio per poterne parlare. Ho voluto tornarci per visitarlo come io sognavo, senza fretta e con tutte le comodità che me lo rendessero accessibile: un carrello elettrico esclusivo, solo per noi, e con una guida che ci rivelasse tutto quello che l’occhio non vede, ma che è indispensabile per una profonda comprensione del perché di ogni cosa. Il carrello era condotto dalla dolce Suellen e la guida era il simpatico Edno Marques, un ragazzo sveglio, entusiasta, attento, generoso. Siamo state davvero fortunate: una giornata intera con due persone piacevoli e ben disposte, con un sole tiepido e carezzevole sotto un cielo splendido. Anche l’albergo di Brumadinho che già conoscevo, sebbene sia più che raddoppiato dall’ultima volta che ci sono stata, continua confortevole nella misura giusta. Il migliore dei tre che ci hanno ospitate.

Inhotim

Tiradentes, poi, forse non lo sa, ma ha una certa atmosfera magica. Purtroppo a causa di questa pandemonia che non ci abbandona, tutti i musei sono ancora chiusi, non ci sono i concerti che la nobilitano e sono ancora inaccessibili molte di quelle attrazioni turistiche che definiscono il profilo di una città. Perfino il trenino a vapore che la congiunge a São João Del Rei non sta funzionando. Anche per questo abbiamo accettato con gioia quel che ci veniva proposto: una escursione guidata da un professore di storia, in una Tiradentes notturna che prometteva brividi e grandi emozioni nel rivelare i miti e le leggende della città… Non ci siamo emozionate né abbiamo percepito i brividi, ma divertite si, e parecchio, nonostante l’improvvisa pioggia che ci ha obbligate a riparare sotto il cornicione (“eira e beira”) della Chiesa di San Francesco. Abbiamo inoltre scoperto il perché dei termini ‘sobrado’ e ‘solar’. Volete saperlo anche voi? Sia l’uno che l’altro possono avere uno o due piani: nel ‘sobrado’ la parte inferiore è dedicata ad una attività commerciale, mente la superiore (quel che ‘sobra’, cioè avanza), è dedicato ad abitazione; il solar invece è ‘só lar’, solo abitazione. Logico, vero?

Tiradentes

Ad Ouro Preto, una volta arrivata ho rinunciato a percorrerla in macchina: quelle salite e quelle discese mozzafiato sono percorribili solo da chi ne conosce l’anima, non da una turista sprovveduta con un’auto impreparata ad emozioni violente… Anche qui ci siamo concesse il lusso di avere come guida un professore di storia, Valmir, o Vavá, che è stato perfetto. È rimasto con noi il tempo necessario per farci visitare e descrivere tutto quel che non era chiuso per effetto pandemia, che poi si riduce alle chiese più importanti, oltre ad una miniera d’oro… Anche ad Ouro Preto i musei tutti chiusi, purtroppo!

Ouro Preto

L’ultima tappa è stata nella generosa casa di mio genero, a Petrópolis. Ci è servito per far ordine nelle idee e nel bagaglio, ma anche per prepararci al ritorno a casa. E questa, come vi dicevo, è sempre la parte più bella di un viaggio. Anche se il viaggio è stato perfetto, come lo è stato questo nostro, tornare a casa è un’altra emozione. Ritrovare il mio letto, la mia cucina, le tre gattine che mi dimostrano subito quanto sono felici perché sono tornata. Ritrovare gli oggetti che mi danno sicurezza, conforto, sapere che riprenderò le redini della mia vita con rinnovata energia, e che essa mi porterà ancora avanti, fra i miei cari, fra i miei affetti e il mio lavoro, le care cose che mi danno la spinta e la voglia di andare avanti, continuando ad avere la sensazione di poterla ancora guidare la mia vita, e questo è grande, è bello, è vitale. Vitale. Parola magica, dopo tanta minaccia di morte.

Petrópolis

Viaggiare è salutare, anche per tornare e riappropriarsi di tutte queste meravigliose, minuscole cose irrinunciabili che mi confermano che il ritorno a casa è sempre una grande emozione…