QUARTA SETTIMANA

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In questa settimana é successa la Pasqua.

È successa, nel senso che è venuta e se n’è andata da sola.

Beh, tanto per dire, perché nessuno vuole che una ricorrenza come la Pasqua passi inosservata. Ce la portiamo tutti dentro, credenti e non credenti. Per tutti è il simbolo della resurrezione. E nessuno si vuol perdere la chance di risorgere.

Per noi europei, poi, rappresenta davvero la rinascita, nel senso che arriva portandosi dentro la primavera, con le sue prime giornate tiepide e luminose di sole, contro il freddo e il buio dell’inverno.

Anche in Brasile la Pasqua arriva a segnare un passaggio importante, quello dell’estate che si versa nell’autunno, che qui è la più bella stagione dell’anno: cielo luminoso, sole più clemente.

Ed anche quest’anno, nella parte che riguarda le condizioni atmosferiche, la Pasqua ha mantenuto il suo impegno, ma per il resto…

…un Papa solo in una piazza San Pietro deserta e bagnata di pioggia, celebrazioni di funzioni religiose in chiese orfane di fedeli, strade quasi vuote, timidi regalini ciocolattosi lasciati in sacchetti dai portieri… senza abbracci, senza baci, senza pranzi di famiglia all’aria aperta. E tutti con un desiderio enorme di esserci, di ricominciare, di darlo da vicino quell’abbraccio imprigionato tra le braccia.

Ed io? Io ho trovato la mia maniera di santificare la festa: ho fatto la pastiera!

La pastiera che sa di Napoli,  di nonna, di famiglia, di profumo di fiori d’arancio. E che mi fa percepire più forte che mai questo legame con le mie radici, queste radici che alimentano il mio estro quotidiano, che mi danno forza e resilienza, che irradiano linfa vitale nella mia chioma bianca.

E più di ogni altra cosa, sento il piacere di abbracciare tutti ed ognuno dei miei cari con questa pastiera che mando ad ogni nucleo familiare, e che si porta dentro tutti i miei baci, tutti i miei abbracci e tutto l’amore di cui sono capace.