CARPE DIEM

Carpe Diem

Era il motto di mio fratello Carlo ed è stato incorporato da sua figlia Sabina, che lo ha letteralmente “vestito”.

Ce lo consigliava il poeta Orazio duemila anni fa, se n’era accorto lui per primo quanto fosse prezioso ogni giorno che sorge e che ci trova vivi ed attivi.

E mai come in un periodo di pandemia, di tutto stravolto, di forzata ed apparente inattività per aver la certezza che ogni giorno che ci trova vivi lo dobbiamo afferrare per le corna come se fosse un toro da domare e farlo rendere tutto quello che lui può, o che noi gli possiamo strappare. Ogni giorno che lasciamo passare nell’indifferenza o nell’attesa passiva di qualcosa che può arrivare o no, è uno spreco tremendo ed irrecuperabile, perché lui passa, ma il tempo che si porta dentro ci consuma allo stesso modo se lo usiamo o no.

Ed è anche per questo che ho deciso di non aspettare più. La liturgia da covid è sacra e la rispetto: non cederò alla voglia pazza di dare un abbraccio a figlio, figlia, nipote, amico, parente o sconosciuto, non toglierò la mascherina anche se mi obbliga a respirare l’aria che ho già respirato, non mi avvicinerò oltre la distanza di sicurezza, ma tornerò da Momo per mangiare un gelato, e lo farò con un’amica, una coraggiosa che, come me, non ce la fa più a restare isolata, a veder passare le giornate senza una boccata d’aria, senza un contatto umano vero, non solo virtuale. Diciamoci la verità: questo isolamento così forzato è troppo crudele perché si possa vivere come se fosse una vacanza. Ed è proprio per questo che dobbiamo darci da fare a strappare ad ogni giorno che arriva qualcosa da fare per renderlo produttivo, che non sia passato invano, senza mostrarci il risultato di come lo abbiamo utilizzato. In ognuno dei 175 giorni che sono passati io spero di aver prodotto qualcosa. Che cosa non importa, ma che abbia fatto qualcosa.

Carpe diem, accogli, cogli, afferra, usa il giorno che ti da il benvenuto ogni mattina e che ti dice “eccomi, sono tutto tuo, non lasciarmi passare invano, perché domani non ci sarò più, domani chi ti darà il buongiorno non sarò più io, sarà un altro giorno”.

Ed io sono qui a chiedermi ad ogni nuovo giorno come fare per rendere produttiva anche la prigionia e cercar di domare la voglia pazza di andare in riva al mare per dirgli buongiorno, o in cima ad una montagna e gridare di gioia per sentire la mia eco. Ma intanto cerco di dare un volto ad ogni giorno che se ne va. Magari il volto dell’amica che insieme a me assapora un delizioso cono allo yogurt greco di Momo…

E sono sicura che il mio “diem” non è passato invano…

buongiorno Carpe diem